Pegaso: liberi di volare
Testo di Mara De Fanti
La collaborazione tra il Museo della Ceramica G. Gianetti e Angelo Zilio, nasce dalla frequentazione alle Fornaci Ibis di Cunardo, che sono da sempre luogo magico di incontri e scambi tra gli artisti.
La prima opera realizzata per il museo durante la Festa della Ceramica a Saronno nel 2018, eseguita con una cottura spettacolare in forno a legna in piazza Libertà, accoglie all’ingresso tutti i visitatori, suggellando l’inizio di un proficuo scambio di saperi.
Poter allestire una mostra per far conoscere il lavoro di questo artista del nostro territorio, ci è sembrato importante per consolidare la stima che è in essere tra la nostra struttura e Angelo.
Il lavoro di Angelo Zilio nasce dall’esigenza primaria, che tutti abbiamo, di esprimere, in maniera forte attraverso il fare, le riflessioni nate dall’osservazione di ciò che ci sta intorno. Angelo inizia presto a disegnare tutto ciò che lo circonda, e da subito alcuni elementi si fissano nella sua memoria, nel suo sentire, diventano i segni del suo fare arte.
Il passaggio alla ceramica arriva dopo, con l’incontro con le Fornaci Ibis di Cunardo (VA) e i fratelli Giorgio e Gianni Robustelli. Angelo lavora sodo per acquisire la tecnica, ascolta, impara dal fare i segreti e le regole della ceramica, e sperimenta, si lascia coinvolgere.
Tutte le sue esperienze ad un certo punto si incanalano in una direzione: il tornio con gli oggetti, gli animali, lo studio delle opere di Fontana, il desiderio di raccontare qualcosa di più grande.
I grandi vasi, dopo l’esperienza con Shozo Michikawa, cominciano a deformarsi, a non essere più vasi ma materia in trasformazione, tempo che si svolge e si riavvolge su se stesso. Diventano anche animali, come gli antichi rhyton, vasi che contenevano fluidi destinati ad essere bevuti o per i rituali, e il rito si compie anche nel lavoro di Angelo: cerca le argille, prepara un pannello e poi comincia a vedere i suoi amati cavalli, sente l’esigenza di realizzarli, subito, con la tecnica che ha assorbito in questi anni, il tornio.
Un vaso sale piano, dalla massa informe, potenza in energia, materia che giace silenziosa, e poi si fa forma. Diviene, concentrato su se stesso, oggetto. L’occhio lo riconosce, ma appena l’inganno è creato, nelle mani già diventa altro. Smette di ruotare e di concentrarsi in sé, e si presta, con le sue regole di giri metafisici, a divenire parte di altro.
Si apre la materia, si squarcia talvolta, altre gentilmente si ripiega su stessa, per prendere la forma del pensiero, diventare azione. Il labbro del vaso diventa labbro del cavallo, il corpo diviene muso, contenitore di spazi e ricordi, e dove le mani ergevano solenni le spire delle vaselle, ora accarezzano la creazione che è divenuta.
Quella bocca, che è il tutto, che è la confidenza con la parte dell’animale, è anche il tramite che ci permette di entrare in contatto con la parte più profonda di noi. Tutto il cavallo, simbolo primordiale della nostra relazione tra l’uomo e il suo passato, si rappresenta in quella bocca, leggermente aperta, che ci invita con attenzione e prudenza ad entrare, a fare i conti con quel contenitore – il vaso – dei nostri pensieri e delle nostre memorie.
Questi cavalli, così potenti, ci evocano scene bibliche, mitologiche, simboliche, perché rappresentano il nostro lato selvatico che tentiamo di addomesticare. Ci ricordano l’essenza della vita stessa, e il vaso, rotto, crepato, squarciato, non più contenitore, lascia spazio a nuovi vuoti.
Questi cavalli non guardano a nessun tempo, eppure dialogano con tutte le epoche. Questi cavalli corrono nell’anima, e Pegaso, emblema della libertà dell’artista, lancia forte questo messaggio a tutti e ci permette, così, attraverso l’arte, di volare
Mara De Fanti
Direttrice e Conservatrice Museo della Ceramica G. Gianetti