Di-segno bestiale

Il Bestiario nell’arte e nelle mani degli autori Zilio, Ranza e Arcangioli

L’innesto. Il Bestiario, che nell’accezione letteraria è un genere medievale ispirato alla concezione della natura come simbolo di verità più profonde, descrivendo animali fantastici e reali ricerca in loro gli insegnamenti morali o religiosi travestendoli da allegorie. Questo genere ebbe successo anche nella letteratura italiana delle origini e in quella romanza. Va segnalato che tra i Bestiari in volgare spicca un Bestiario umbro, nell’Umbria terra di arte e ceramica, il cosiddetto Bestiario moralizzato della seconda metà del Duecento. In essi unicorni e leoni, sirene e gazzelle, aquile e arpie, sono accostate come in un universo dell’anima, in cui ad ogni animale, ad ogni verso, ad ogni foggia, corrisponde un vizio o una virtù dello spirito.

bestiario

Un secolo fa il bestiario aiutava una materia come la ceramica ad affermarsi nel mondo del design nascente e delle arti contemporanee. Questo clima arcaizzante promosso da Arturo Martini, che recuperava non solo la tradizione letteraria italiana popolaresca, ma anche il “modo” di fare arte con la ceramica, in momento significativo della Scuola Romanache aveva in tre giovani scultori (Leoncillo, Mirko, Fancello) il suo “ultimo sale”, ma già in coesistenza di un movimento come quello metafisico di De Chirico e Savinio.

Occorre dire che come genere il Bestiario era tornato di moda: pensiamo al bestiario in ceramica proprio di Fancello – con cui espone Leoncillo alla Triennale del ’40, che sulla scia martiniana prima e preso dalla propria feconda arte poi, trova nell’esecuzione di forme animalesche il modo per esprimere al massimo la libertà formale, per abbandonarsi a una libertà dell’invenzione che nella forma è ora gustosa deformazione, ora sapiente ricerca decorativa, ora felice soluzione plastica che esalta il contenuto attraverso un’indiscutibile novità di linguaggio. Non molto spazio separa i cinghiali, i leoncini, la pavoncella, gli scoiattoli, la pecora… del sardo Fancello dalle fantasiose creazioni delle Stagioni e dei mostri dell’umbro Leoncillo: il clima dove operano è lo stesso, la musa inquietanteche li pervade è la medesima, il bisogno di ridare nell’opera una natura portatrice di altre verità, di altri significati è comune.

scultura ceramica

Angelo Zilio

Nelle viscere della terra Caliban selvaggio si risveglia, due giovani scultori riportano nella scultura italiana (figurativa, qui, perché ricordiamo che Fontana nello stesso decennio era già giunto ad un altro tipo di arcaismo: quello delle sculture astratte in ferroe quello degli uomini rossi e neri in terracotta) un gusto della materia non fine a se stesso ma portante all’interno dell’opera, non di semplice supporto. Leoncillo, ovviamente, più di Fancello per una naturale predisposizione meno decorativa e più scultorea. E ricordiamo come davvero la ceramica – partendo da Martini – prese un valore polemico contro la scultura retorica, celebrativa, contro la pietra e il marmo assunti a simbolo morale3, adatta com’era a nuove esperienze formali, a innesti stilistici.

bestiario

Angelo Zilio ci permette di riprendere il discorso nella scultura ceramica fatto nella premessa. Scienziato della natura per professione, ma artista che ingloba nella vocazione queste conoscenze, Zilio nel suo percorso artistico non ha mai tralasciato il creare animali. Riempie taccuini, fogli da disegno, con chine e pastelli, per fissare le energie possenti della Natura che ritrae. Sono orsi, tassi, lepri, bufali, corvi, barbagianni, gufi le forme che più lo appassionano, come nella migliore tradizione artistica italiana, perché queste sono le forme che l’arte prende quando si libera dal dato accademico e retorico, queste sono le metafore esplicite o implicite delle qualiltà umane e sociali delle nostre civiltà. L’animale nella ceramica e nella terra di Angelo è un animale che prende coscienza di sé, e noi con lui, della sua bellezzza di creatura uscita da un disegno divino, prima che dalla mano di un artista. Angelo fa sentire fortemente l’idea del demiurgo che plasma, sia per la materia che usa, sia per la vische imprime nelle sculture e i soggetti escono dal bosco, entrano nelle nostre case, con la loro identità, con alcune deformazioni date dal nostro essere lontani o distratti, con una materia sempre cercata dal suo autore con precisione di dati anche formali. Le scelte che Zilio compie per uno smalto o per un colore a freddo, per una terra o per un refrattario, sono consone al soggetto anche per metafora della sua essenza e forza. Il bisonte, piccolo e concentrato come un muscolo, non a caso è divenuto bronzo.

Debora Ferrari
Critica d’arte, curatrice di mostre e progetti culturali, giornalista

  1. cfr. Castelfranco-Durbé, La Scuola Romana dal 1930 al 1945, catalogo della mostra. Roma. De Luca ed., 1960
  2. Così li definisce Sinisgalli alla Triennale milanese; il poeta sicuramente già aveva conosciuto Leoncillo a Roma dove già risiedeva dal 1932 ed era entrato in contatto con Ungaretti e Scipione, nel medesimo ambito cioè dove giungerà Leoncillo nel 1935
  3. cfr. Guido Piovene, Protagonisti della Ceramica Moderna. Prefazione al volume. Tamburini ed. Milano, 1963
  4. v. Plinio Perilli (a cura di), Storia dell’arte italiana in poesia. Sansoni. Firenze, 1990
arte ceramica