Gesù, biografia informale su ceramiche
Testo di Debora Ferrari
L’infanzia. L’infanzia inizia forse quando iniziano a pensare a te, al tuo esserci futuro, alla tua vita insieme. L’infanzia sorge prima del sorgere del sole, è un desiderio, un sogno, una profezia.
Angelo Zilio, nelle otto formelle sull’infanzia di Gesù in grès rosso chamottato, racchiude innanzitutto un sentimento profondo, l’amore di pater familias per la figlia, l’amore coniugale che diventa genitoriale, l’amore per la vita che si esprime imperitura con l’arte, l’amore per l’amore che continua.
La scultura di Angelo ci rende echi di pittori e scultori italiani del Trecento ed è una via ‘pratica’ e tecnica, non teorica, che passa attraverso l’adozione di tecniche primarie, l’uso del fuoco e della terra, come un antico rituale. Il pulsare vivo della natura è pretesto e motivo nell’essenza della scultura ceramica, a sostenere questo ‘credo’ ha contribuito una grande crescita dell’arte ceramistica contemporanea a cavallo del secolo scorso e di questo. La terra è un documento esistenziale, storico, perché porta impressi i passaggi e le orme di una vita; la terra, l’argilla che è già natura e che all’artista serve per creare un’altra natura o esserla. Sente cioè l’urgenza di sperimentare sul suo essere il modo di essere del mondo, più che l’operazione di plasmare semplicemente delle ‘idee’ nella terra. Il fatto che per l’artefice la forma non si esegue da un’idea di essa, ma è la forma che nasce da atti che traducono l’ essere, ed è poi la forma che genera l’ideaè indice della genesi psicologica in atto nei confronti dell’arte, che emerge dal porsi dell’artista a prioririspetto alla materia, ma a posterioririspetto alla Natura. E’ il nostro essere che esiste per primo, la quantità dei battiti del nostro cuore, la nostra forza e la nostra debolezza, i nostri anni e la nostra storia.In un certo senso la scultura viene dopo, sembrerebbe interessare di meno. Ma non è così, perché come uno scrittore non scrive perché ha idee ma ha idee perché scrive, lo scultore ha idee perché ha forme e da esse prende l’istinto nel proseguo della ricerca. Con la complicità del colore. Con la meraviglia della tecnica. La terra, il legame più forte per antonomasia. La materia madre da cui tutto proviene e a cui tutto torna. L’elemento unificatore che affratella. Piccolo monumento della nostra memoria nel tempo.
Cosa ci racconta Zilio in queste otto istantanee della vita di Gesù, bambino? Imposta un terreno comune di narrazione, la scelta della materia in grès, e sceglie una modalità discorsiva e coerente con il segno e il plasmato. “lo smalto lo faccio io-spiega- partendo dalle materie prime: è a base di feldspato, carbonato di calcio, silice, caolino e un pizzico di rutile (biossido di titanio con impurità di ferro); la cottura in riduzione avviene in circa 15 ore fino alla temperatura di 1300°C e ce ne vogliono altrettanto per il raffreddamento”. Questo è il linguaggio. Ma la magia della ‘poetica’ è ciò che fa l’arte e l’artista, la personalità della sintassi. Angelo sceglie di lavorare in modo ‘informale’ (qui il termine legato al movimento pittorico e scultoreo dagli anni ‘40 del secolo scorso, pertinente allo stile davvero Informale della sua scultura, assume anche un tono di colloquiale e familiare come in effetti appare dalle formelle l’infanzia di Gesù) perché così può entrare e uscire non solo dalle forme e dalle figure ma anche dalle atmosfere e lasciare all’osservatore anche una sua parte di lettura e interpretazione immaginifica a partire da quanto scolpito e plasmato.
I. L’Annunciazione
Nel simbolo primordiale dell’Uovo Cosmico, l’ellisse della formella, la scena nasce come un guizzo di mano, le ali dell’Arcangelo diventano la fiamma dello Spirito Santo inclinata su Maria, raccolta su se stessa e il suo grembo in una meditazione già materna e allo stesso tempo quasi spaventata dall’intuizione. Sì perché l’intuizione di Maria è l’Ispirazione dell’artista. Tutto è leggero e profondo, il tocco della materia, il solco dello stecco. Ma l’assolutezza delle due figure e del rapporto geometrico fra i loro punti focali di forza diventano Unità.
II. La visita alla cugina Elisabetta
Quando il bambino, Giovanni, in grembo alla cugina sussultò, Elisabetta capì la grandezza della maternità di Maria. Le due donne formano una casa unica, una capanna, un nucleo, una pianta; concentrazione e dolcezza dei gesti sul ventre, semplicità di uno sguardo senza parole, intesa profonda, comunione. Queste due madri, distanti nell’età e vicine nello spirito e nella storia della Salvezza, si abbracciano come in una danza, la danza della Vita. La materia è morbida, fluente, quasi non c’è rilievo, sembra uno ‘stiacciato donatelliano’ e il segno dello stecco è il più grande Disegno di Dio.
III. Il sogno di Giuseppe
Quando un falegname, maestro del Tempio e capomastro di tutta la costruzione edile, riposa, il suo sonno è profondo, la sua forza tranquilla, il suo sentimento in pace. Ma un Arcangelo apre le ali su di lui, illumina la notte con un bagliore di sogno e confida qualcosa di segreto e tremendo: la sua paternità non uscirà da lui come le forme nel legno per l’altare, la sua paternità entrerà in lui come l’investitura di un cavaliere e accompagnerà Madre e Figlio come sposo dell’Umanità intera. Giuseppe nel grès si fa piccolo piccolo sotto le ali sante, ma è tutto un fascio di muscoli e tensioni, ripensamenti e volontà che Zilio ben esprime con le diverse direzioni del corpo, della testa, delle gambe piegate. Ecco che la scena si fa drammatica, ma la perpendicolarità delle due figure suggerisce la giustizia e la coerenza del da farsi, nel nodo di segni, negli smalti che illuminano le scelte.
IV. La Natività
Sola. La donna è sola nel parto. La Madre di Dio è madre di tutta la Terra. Un nido. Questo appare nella formella, un nido di terra dove umanità animali ambiente sono legati dall’unico cordone ombelicale dell’amore. Costerà sacrificio. Costerà la vita stessa. Ma la Nascita salverà da ogni morte. La ceramica diviene magma fuso che si compone in una Epifania coi segni rassicuranti scavati a contorno.
V. La presentazione al Tempio
L’infanzia ti fa prendere il volo, ti rende consapevole del tuo essere e ti separa piano piano dai genitori e dal tuo nucleo. Così Gesù, bambino, viene alzato al cielo per la presentazione al Tempio e il suo destino, come quello nostro, è nella misericordia del perché, perché siamo nati e che posto abbiamo nel disegno del nostro Creatore. Qui il creatore-artista separa le figure in dialettica, in divenire, dall’essenza alla storia. Nell’infanzia siamo portati altrove verso una conoscenza che capiremo solo dopo.
VI. La fuga in Egitto
Pensiamo di esserci uniti, ri-uniti, invece dobbiamo traslocare. Nuove lingue, nove persone, nuovi orizzonti. L’infanzia, e non solo, ci mette alla prova verso ogni destino. Fermarsi sarà creare un’altra esistenza, restare fedeli a se stessi mutando le sembianze. Così Zilio fa crescere la Sacra Famiglia, a dorso d’asino, concentrata sul domani. La vita è un viaggio dove ogni direzione crea un nuovo paesaggio. La ceramica e lo smalto hanno una luce diversa e vera. Compiamo il tutto. Siamo noi.
VII. Quotidianità
“…pensare è per te esistere/un impegno facile al dio/ ma noi, noi quando siamo?” scrive Rilke ed eccoci in questa vita, a scavare l’orto, levigare il legno, cucinare una zuppa. Come si può essere sacri o essere Dio in questi momenti? Dio è in noi e il tempio è il corpo dell’uomo, dice San Paolo. Non poniamo le domande fuori di noi. Siamo noi le risposte. Come questa formella dove ogni componente potrebbe essere l’altro, dove se cambiamo l’ordine delle linee la composizione non cambia. Unità. Ci pensa il fuoco.
VIII. Il ritrovamento al Tempio
Non basta l’amore, non basta, non basta l’educazione, non basta. Qui c’è scienza. Teologia. Filosofia. Astrazione. Simboli. Architettura. Gesù non è nato per restare in famiglia e scopre in sé da adolescente la sapienza delle scritture antiche. Testamento per testamento nulla sarà più uguale sotto il cielo. “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Rispettate i bambini. Ascoltiamo gli adolescenti. Il loro linguaggio vede un mondo che noi non vediamo. La luce del cosmo li attraversa. Sono il futuro. E’ una celebrazione, un festa, un rito questo ritrovamento nella ceramica. Zilio crea una dinamica fra tutti segnando il cambiamento con le linee geometriche e il Bambino sulla scala. L’infinito è dietro l’angolo.